giorno di colloquio con i genitori

I non informati circa le usanze del mondo della scuola non sanno che almeno due volte l'anno capita il giorno dei colloqui fiume. Per evitare che i genitori perdano troppo tempo per parlare con un professore e poi con un altro e poi con un altro ancora in giorni e orari diversi, due volte l'anno - tipicamente di sabato - hanno l'occasione di poter incontrare tutti i professori del figlio.  Per i professori è un tour de force massacrante. Alcuni genitori hanno chiaro quali sono i problemi del figlio, non se li nascondono e chiedono solo un'alleanza da parte dei professori. Sono veramente dei bravi genitori. Altri genitori non hanno consapevolezza dei problemi del figlio, ma hanno la volontà di ricercare e capire. Sono quelli che, normalmente, preferisco: non hanno preclusioni di sorta, si mettono in atteggiamento di ascolto, sono quelli con i quali si fanno ipotesi e ci si confronta per capire cosa è meglio fare con il ragazzo. Poi c'è tutto un mondo di genitori iperprotettivi e in malafede, ma su di loro non mi voglio soffermare. C'è un'altra categoria misconosciuta: quella dei genitori di figli con problemi. Meriterebbero tutta la solidarietà di questo mondo, ma spesso si rivelano insopportabili e scorretti, alienandosi in questo modo la simpatia che meriterebbero. Sono i genitori più fragili, resi fragili dalla percezione di non essere adeguati ad affrontare e, men che meno, risolvere i problemi del figlio. Alcuni genitori vorrebbero che gli insegnanti del figlio avessero una specie di bacchetta magica capace di risolvere tutti i problemi di apprendimento, caratteriali, psicologici, psichiatrici dei figli e nutrono rancore verso gli insegnanti perché il miracolo sperato non si verifica.  A volte è anche una questione di mezzi culturali: chi ha un titolo di studio in campo medico ha più strumenti per capire. A volte, genitori medici, se fanno parte della categoria dei genitori in malafede, hanno più mezzi per negare i problemi esistenti. normalmente, non è così, normalmente genitori medici non solo sono collaborativi, ma lo sono anche con cognizione di causa. I genitori medici, però a volte, riescono a fare dei gran pasticci. Mi ricordo di un mio studente di qualche anno fa, figlio di medici. Era uno studente di prima, dall'aspetto impacciato e timido. Tutti avevamo capito che c'era qualcosa che non andava. Per sua (e anche nostra) fortuna era capitato con la classe migliore del mondo e con un consiglio di classe fatto di insegnanti disponibili e attenti. La classe era molto inclusiva e unita. Uno solo rimaneva isolato: lui. Non che i suoi compagni lo isolassero. Anzi. Facevano il possibile per tenerlo assieme a loro. Era lui che si isolava. Io pensavo che avesse problemi di autostima. Mi fermavo con lui e con tutti coloro che avevano problemi di rendimento. Tra coloro che si fermavano fuori orario, oltre lui, c'era anche una ragazzina che, secondo me, era una gran lazzarona, non studiava e non stava attenta in classe. L'avrei presa a sberle un giorno sì e l'altro pure, però c'era il ragazzino che, secondo me, aveva problemi di autostima e allora avevo lavorato moltissimo sull'autostima. Lui, che all'inizio aveva 5, continuò ad avere 5. La ragazzina in compenso incominciò a stare più attenta in classe, ad impegnarsi di più e, nel giro di qualche mese, passò dal 3 al 7. Ma non è della ragazzina di cui voglio parlare. Secondo il mio collega di greco e latino il problema del ragazzino derivava dall'essere figlio unico di una madre troppo apprensiva e oppressiva. Bisognava quindi, secondo lui, lavorare sull'acquisizione di autonomia e indipendenza. Secondo la mia collega di educazione fisica il ragazzo aveva evidenti problemi di carattere neurologico perché non riusciva a tirare con le mani una palla in direzione di un suo compagno e, inoltre, era un po' strano perché non voleva cambiarsi insieme ai suoi compagni nello spogliatoio e doveva sempre cambiarsi da solo. 
Fu un fulmine a ciel sereno la notizia che un pomeriggio il ragazzino aveva tentato di suicidarsi ingurgitando aspirine e medicinali a caso. Niente di grave. se la cavò con una lavanda gastrica. Più impegnativa fu la cura per una bruttissima depressione. Venne ricoverato, non venne più a scuola, non fu possibile - per esplicito divieto dei medici - attuare il progetto "scuola in ospedale" (per i non addetti ai lavori è un progetto previsto che consente ad insegnanti e alunni ospedalizzati di rimanere in contatto, di scambiarsi compiti ed elaborati, di creare un collegamento skype durante le spiegazioni, di usare la lim e relativi programmi), senza il progetto fu bocciato per numero assenze. Durante la permanenza in clinica emerse che il ragazzino già alle medie aveva avuto problemi di depressione, la madre non aveva però detto nulla perché riteneva di essere in grado di gestire la depressione del figlio. Se non fosse stata un medico non avrebbe avuto questa presunzione, avrebbe segnalato il problema del figlio alla scuola e ci avrebbe facilitato anche nel nostro lavoro. Noi docenti abbiamo brancolato nel buio, ognuno di noi aveva tirato fuori le sue idee, non abbiamo lavorato in sinergia perché ognuno aveva fatto del suo meglio secondo quanto riteneva opportuno. 
Non so più nulla del ragazzino e mi auguro che stia meglio.  
Da allora lavoro SEMPRE sulla autostima dei miei studenti, specie se mi sembrano dei gran lazzaroni, e temo fortemente i genitori medici di ragazzi problematici.      

Commenti

  1. Ciao! Sono una mamma di tre figli di età disparata! Trovo che la scuola sia una istituzione importantissima (prima da studenti e poi da genitori). Circa le classi e gli insegnanti dei miei ragazzi ne ho dette e sentite di tutti i colori. Poi, qualche settimama fa, ho letto un libro che mi ha fatto ridere e ragionare tantissimo. E' scritto da due prof (Foa e Saudino) e si intitola "il prof fannullone". Finalmente ho visto le cose da una prospettiva diversa e ho cercato di capire cosa voglia dire vivere a scuola ...
    C'e' un capitolo intero su i colloqui tra nopi genitori e voi insegnanti. Molto bello
    :kikou::love:

    RispondiElimina
  2. laurearsi in medicina implica aver sostenuto con successo anche l'esame di clinica psichiatrica. per diventare psichiatra occorre specializzarsi e studiare per altri 6 anni, ma ogni medici ha qualche nozione base di psichiatria. ci si aspetta che la mamma di un bambino con disturbi di tipo psichiatrico sia cosciente dei rischi.
    c'è sicuramente per tutti un problema di stigma.

    RispondiElimina
  3. se il ragazzino non fosse stato depresso non lo avrebbero ricoverato in psichiatria per mesi. era malato. era malato seriamente, talmente era malato che gli psichiatri non dettero nemmeno il permesso affinché rimanesse in contatto con il mondo della scuola, né, tanto meno, svolgesse compiti, scrivesse temi o facesse traduzioni. Eppure con le anoressiche questo viene fatto SEMPRE. è difficilissimo che un'anoressica perda l'anno scolastico, proprio perché si stila progetto apposito e ci si mette d'accordo sui tempi e le modalità delle verifiche. Gli psichiatri hanno strumenti e conoscenze specifiche che derivano da anni e anni di studio e sono in grado di cogliere segnali perché posseggono tecniche e conoscenze specifiche. A volte la base della depressione è organica e occorre intervenire con psicofarmaci per ristabilire l'equilibrio. A volte occorre intervenire con una psicoterapia adatta. La sensibilità non basta. Tutti avevamo capito che il ragazzino avesse dei problemi. E non occorreva neanche avere chissà che sensibilità per capirlo. Bastava guardarlo: impacciato, infantile, stava sempre sulle sue, non scherzava con gli altri compagni, rimaneva isolato perché voleva rimanere isolato. Ognuno di noi aveva interpretato il suo malessere e ognuno aveva trovato una spiegazione plausibile e ognuno aveva cercato di fare del suo meglio per aiutarlo. Nessuno di noi aveva però conoscenze psichiatriche adeguate al caso.

    RispondiElimina
  4. per fortuna non capita spesso che un proprio alunno tenti il suicidio. quindi è un caso molto particolare. e che fosse particolare l'avevamo capito tutti, nessuno però aveva intuito che avesse problemi così gravi

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

lettera ad un aspirante privatista

sfortunate donne di successo: whitney huston

brevi frasi specchio dei nostri tempi